Quindici uomini sulla cassa del morto

Quindici uomini sulla cassa del morto M5S+L


 La situazione è semplice. Non c'è qualcosa di giusto o sbagliato a priori. Sul piano razionale, così come su quello etico, il voto secondo coscienza e quello compatto secondo indicazioni prese in via preliminare, collegialmente, pari sono. Oggi 15 senatori del Movimento Cinque Stelle, o giù di lì, hanno ritenuto che scongiurare una possibile riconferma di Renato Schifani - che tutto sommato è stato l'avvocato e il socio di personaggi implicati in vicende mafiose - fosse un'azione meritoria. E hanno votato Pietro Grasso o in ogni caso hanno agevolato la sua elezioni, votando liberamente. Non è un ragionamento sbagliato in sé e per sé. Un presidente del Senato a Cinque Stelle non era possibile: non c'erano i numeri, dunque alternative pratiche (e non meramente stilistiche) non ce n'erano molte. Hanno fatto bene? In senso assoluto, magari sì.


Ma c'è un "ma". Tutti i parlamentari del Movimento Cinque Stelle hanno firmato un Codice di Comportamento. Tale codice dice che le votazioni in aula sono decise "a maggioranza dei parlamentari del M5S". Cosa significa? Che prima di schiacciare il fatidico bottone, i parlamentari si riuniscono, discutono, prendono una decisione univoca per alzata di mano, poi vanno in aula e pigiano compatti. Tutti insieme. Non si parla di voto secondo coscienza né di libertà di voto, e in ogni caso il voto segreto è un palese controsenso rispetto al castello teorico sul quale si fonda tutto il Movimento Cinque Stelle.

 Un Cinque Stelle il suo voto lo dichiara. Sempre. Una questione di fine-vita può contemplare, comprensibilmente, il voto secondo coscienza. Ma l'elezione di un Presidente del Senato cosa ha a che fare con le questioni di coscienza? Probabilmente la situazione è semplicemente sfuggita di mano. Il Codice di Comportamento può essere giudicato giusto, sbagliato, democratico, anti-democratico, ma c'è una cosa che conta più della democrazia, ed è la correttezza, insieme alla responsabilità e alla fiducia. Qualità senza le quali nessuna democrazia è possibile. E poi, non avevano detto che avrebbero votato compattamente il loro candidato, e nessun altro? Perché agevolare titoloni su Repubblica come "I grillini spaccati"?

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 Ora, i 15 hanno preso i voti, alle Parlamentarie, da altri attivisti che gliel'hanno concessi sulla base di quelle premesse stabilite nel Codice di Comportamento. E' stato il primo patto di ferro tra elettori ed eletti, siglato all'interno di un Movimento che è arrivato nelle istituzioni, con un atto rivoluzionario, proprio denunciando l'assenza di qualsiasi vincolo o responsabilità politica tra i cittadini e la casta. Quei 15 uomini hanno guadagnato la loro posizione promettendo di far saltare il banco e di capovolgere i rapporti di forza: non più una élite di incontrollabili ormai slegata da qualsiasi meccanismo di controllo, ma la base della piramide a dettare le regole e i vertici ad eseguire. Questo è il Movimento Cinque Stelle. Questa è la sua filosofia. Questo è il motivo che ha convinto otto milioni e mezzo di persone a votarlo.

 Giusta o sbagliata che fosse, quella promessa i senatori e i deputati a Cinque Stelle l'hanno fatta. E le promesse si mantengono. Altrimenti cade tutto. Invece, alla prima occasione, il patto di ferro ha già cominciato a sfrangiarsi. E' diventato di bronzo, magari finirà di rame. Non ci sono regole violabili e regole infrangibili. Chi tradisce anche un solo punto di un accordo scritto, potenzialmente può tradirli tutti, e la serie di reazioni a cascata che ne derivano hanno spesso conseguenze imprevedibili. Lo vediamo con l'escalation tra l'Italia e l'India sulla questione dei marò: sono venuti in Italia per gentile concessione, giusta o sbagliata che fosse la loro detenzione, a condizione che sarebbero tornati in India per il processo. Ce li siamo tenuti, e ora l'India si tiene il nostro ambasciatore, contravvenendo ai trattati internazionali sull'inviolabilità dei diplomatici. Possono farlo perché noi, per primi, abbiamo trasgredito alle regole. 

 Quei quindici uomini sulla cassa del morto, come recitava un famoso adagio cantilenato dai pirati nell'Isola del Tesoro, hanno sciolto il sacro nodo della fiducia. Hanno iniziato a dividersi, a contestarsi, a prendere strade diverse. Altro che marcia su Roma! Ora sono come una chiesa sconsacrata. Presto potranno celebrare uno qualunque dei rituali della vecchia politica. Possono tuttavia prendersi le proprie responsabilità, venire allo scoperto e permettere agli elettori di capire e trarne le conseguenze. Se non lo faranno, potrebbero portare la "elle" che mancava al M5S, che diventerebbe così il morto nella cassa: il M5S+L.



p.s. qui Vito Crimi dice che la linea uscita dalla riunione preliminare era quella di non far vincere Schifani, ma poi qualcuno ha votato nulla, qualcuno bianca.. qualcuno "in libertà".... Se l'obiettivo fosse stato quello di "non far vincere Schifani", allora sarebbe bastato votare Grasso. Le bianche, le nulle e "la libertà" non avrebbero dato nessuna garanzia. Quindi non c'era nessuna linea, oppure a conti fatti qualcuno è andato per i fatti suoi... Ma non lo sapremo mai, perché la diretta streaming non c'era.



Repubblica 17 marzo 2013 Grillo Crimi Senato Schifani Grasso
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